Attribuzióne s. f. [dal lat. attributio –onis, der. di attribuĕre «attribuire»]. – 1. L’atto, il fatto di attribuire: a. di un’opera d’arte, assegnazione di essa a un dato autore, che, quando manchi la certezza documentaria, è fatta in base a motivi stilistici o d’altro genere: è un quadro d’incerta attribuzione
(da vocabolario Treccani)
Per considerare che un dipinto sia di mano di quel dato artista bisogna studiare la storia dell’oggetto attraverso i documenti, l’ambiente in cui visse l’autore e le botteghe del luogo di ritrovamento o custodia, la storia critica. La situazione si complica nel caso in cui fossi tu il primo a voler valorizzare quel artista, ricostruirne vita, pensiero e individuare ogni sua opera.
Roberto Longhi (di cui vi spiego di più quest’altro articolo) ha scartabellato in archivi nobiliari e civici per ripercorrere le orme di Caravaggio, considerato, fino ad allora, uno tra i tanti della cerchia barocca. E’ grazie allo sguardo che il critico ne scoprì la grandezza, la grande rivoluzione che compì nel panorama globale della pittura e la sua evoluzione personale.
Girò l’Italia in lungo e in largo seguendo le tappe del tormentato Merisi per recuperare dall’oblio decine e decine di tele considerate alla stregua di croste. E così riuscì a dare la dignità che meritavano dipinti come il Bacco degli Uffizi (confinato in deposito) e il Ragazzo che monda una pera. Appena Roberto Longhi arriva a Messina, riconosce immediatamente le inconfondibili Resurrezione di Lazzaro e Adorazione dei Pastori al Museo Regionale, ma la sua attenzione cadde anche su altri due dipinti di dimensioni minori. Scrive così sui suoi taccuini di studio:
“ Fin dal 1910 avvistai come opere del Caravaggio […] due tele compagne, purtroppo guastissime, nel museo di Messina. L’avvistamento sfuggì alla critica che seguì a pubblicarle con l’attribuzione municipale al mediocre Alonzo Rodriguez (Mauceri) o al napoletano Battistello. Purtroppo un restauro di qualche anno fa ha ulteriormente danneggiati piuttosto che favoriti i due dipinti; ma ad onta di tali traversie, rimane ancora abbastanza per riconoscervi la potenza concentrata e il fotogramma fulminante del Caravaggio negli ultimi anni del cinquecento. Opere dunque dipinte in Roma e portate chissà quando in Sicilia; giovi rammentare che i biografi citano come più volte ripresi e svariati dal maestro questi due soggetti …”
Ultimi studi sul Caravaggio e la sua Cerchia – Roberto Longhi
Ed è così che oltre ai più noti, altri due dipinti si fecero un viaggio a Milano del 1951 come autografi di Michelangelo Merisi a far sfoggio di se alla mostra di Palazzo Reale, la prima in assoluto sul genio col cervello stravolto.
Si le opere sono in cattive condizioni, ci sono cadute di colore e sbiaditure, hanno subito anche loro le disgrazie del terremoto del 1908. No, non sono di Caravaggio, ma di Alonzo Rodríguez, che tanto mediocre a questo punto non è, no?

Ma chi è sto Rodríguez? Parliamo di un’altra celebrità dimenticata, quasi tutti i nobili e i collezionisti dello Stretto avevano almeno un suo dipinto nella propria galleria, spesso accanto ad un Minniti. Apprezzatissimo per la pittura caravaggesca, in voga nella prima metà del XVII sec, ricca di vigore di corpi, gesti e dinamismo. Nasce in una famiglia numerosa da un capitano di una compagnia di soldati inviati dalla Spagna a presidiare la città. Dei nove fratelli, altri due oltre ad Alonzo si dedicarono alla pittura, Luigi (apprezzato nel napoletano) e Antonio, impararono i rudimenti insieme alla bottega di Giovan Simone Comandè, manierista affermato. Per perfezionarsi e imparare dai grandi del passato, Alonzo partì per Venezia, dove, dopo un paio di anni si inimicò un’influente nobile a stretto contatto col doge, e si trovò costretto a ripiegare su Roma dove il fratello Luigi portava avanti lo studio dei classici. E’ nella città eterna che per la prima volta si incanta davanti una pala d’altare di Caravaggio: come una folgorazione capisce che è su dipinti con la stessa potenza di luce che avrebbe voluto apporre la sua firma. Dopo una sosta a Napoli, tornò nella sua Messina, a studiare anche le ultime opere di Merisi, presso i Crociferi e i Padri Cappuccini. Ha successo in città, riceve committenze da ordini religiosi, dal senato e da privati. Questi ultimi usavano commissionare anche delle copie dei dipinti del pittore maledetto, e sembra che non ci fosse nessuno migliore di Rodríguez per questo.
L’uno accanto all’altro, nello stesso salone appartenuto al più grande collezionista messinese, Antonio Ruffo, erano proprio le due opere che catturarono l’attenzione di Roberto Longhi, che però lui suppose fossero:
“Opere dunque dipinte in Roma e portate chissà quando in Sicilia; giovi rammentare che i biografi citano come più volte ripresi e svariati dal maestro questi due soggetti della Cena in Emmaus e del San Tommaso incredulo. La cena, meglio conservata, si legge ancora abbastanza nel contrasto fierissimo dei gesti sospesi, momentanei, forati e trapanati d’ombra e luce. Par certo che l’interpretazione debba ricadere parecchi anni dopo quella, relativamente giovanile (circa 1594), della National Gallery, il groppo di mani attorno al gorgo luminoso è, anzi fra le più complesse situazioni vitali che il Caravaggio ci abbia lasciato”
Ultimi studi sul Caravaggio e la sua Cerchia – Roberto Longhi


Per questo dettaglio e per la composizione è stata avanzata l’ipotesi che quest’opera sia un copia di un autentico Merisi, probabilmente quello della Pinacoteca Ambrosiana o un altro dipinto che ancora non conosciamo; se così non fosse, non me ne meraviglierei data l’abilità di Rodríguez nel curare l’espressività delle movenze e creare una scena dinamica come fosse un regista.
“L’incredulità di San Tommaso , assai più guasta, va decifrata con la discrezione necessaria; ma alcuni brani vigono ancora intensamente e, nel totale, è possibile scorgere la fonte per un noto dipinto di Rubens, databile nel secondo decennio. Anche per questa via viene a confermarsi che il quadro del Caravaggio fu dipinto a Roma, dove il Rubens avrà potuto studiarlo nei primi anni del nuovo secolo.”
Ultimi studi sul Caravaggio e la sua Cerchia – Roberto Longhi



E’ evidente che il filo conduttore di tutte e tre i dipinti sia l’urbe (luogo di realizzazione del quadro di Postdam), e che l’incisività di Caravaggio abbia influenzato entrambi i pittori che gli son succeduti è indubbia. Di più difficile concezione la relazione tra l’incredulità di Anversa e quella di Messina a mio avviso. Ma, a discolpa del critico, c’è da dire che oggi disponiamo di più mezzi e di maggior affidabilità per orchestrare comparazioni tra opere, gli storici dell’arte fino a una trentina di anni fa hanno dovuto affidarsi a fotografie in bianco e nero ed alla loro memoria fotografica.
Le attribuzioni sono sempre passaggi molto delicati che possono richiedere anni di studio e attenti restauri. Ho rispolverato questa storia in occasione dell’acclamazione dell’Ecce Homo spagnolo, riconosciuto come autografo dalla critica e dal mondo, su cui solo in pochi hanno scelto di esprimersi con cautela.
In fin dei conti con questo mio articolo non intendo sputtanare Longhi, perché è grazie a lui che a Caravaggio è stato riconosciuto dopo anni di oblio il suo reale valore, quindi gli dobbiamo tantissimo (inclusa la mia tesi di laurea in museologia), ma intendo, non solo arricchirvi di un altro nome da ricordare, quello del principe dei pittori messinesi, degno di maggiori attenzioni e studi, ma anche sensibilizzarvi all’idea che se a decidere di apporre un timbro di autenticità a volte sbagliano anche le leggende della storia dell’arte, possono sbagliare tutti. Concludere che un dipinto sia di un tale autore in poco tempo è un atteggiamento avventato e pericoloso per la propria credibilità.
Questa è solo la storia di uno dei tanti errori che sono stati fatti concependo delle ipotesi, ma infondo, se lo spirito di Alonzo Rodríguez in qualche modo avesse potuto assistere alla scena, non credo che gli sarebbe dispiaciuto esser stato confuso con il suo modello di eccellenza, non credi?
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Bibliografia
– “Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in messina fiorirono dal Secolo XII sino al Secolo XIX” – 1821 – Giuseppe Pappalardo
-“Il Caravaggio e i caravaggeschi di Roberto Longhi – 1943/1951” Collana di Proporzioni – Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi
-“Il seicento a Messina – Itinerari didattici al Museo Regionale di Messina” – Paone, Buda, Lanuzza.
Bravissimo, sono appena stato a Messina e sono rimasto folgorato dalla tela di San Pietro e San Paolo condotti al martirio del Rodriguez.
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