Se nasci in Sicilia non puoi non esserne orgoglioso. Nel DNA porti quel legame intimo, ogni tuo progetto futuro, inconsciamente, lo immagini realizzato sull’isola; si è istintivamente inclini ad azioni che possano renderla più ricca, possano valorizzarla e portarla fuori da un oblio di cattive pratiche, purché torni ad essere, come un tempo, il cuore pulsante del mondo. Quasi mai si va via da un posto così per scelta, ma per necessità materiali e carenza di infrastrutture. In una terra in cui si parla un dialetto che non coniuga i verbi al futuro, radicata nell’adorazione dell’antico passato, si assiste al progressivo spopolamento dei piccoli centri abitati, al degrado culturale delle periferie, alla difficoltà di tramandarne tradizioni secolari perché non sottoposte a studi scientifici. Ad un primo impatto le novità vengono guardate con sospetto, e non si considera quasi mai quanto invece possa giovare un’innovazione. Proprio qui, terra che diede i natali a pionieri e grandi scoperte.
F come Florinda e Andrea
Florinda Saieva (avvocato) e Andrea Bartoli (notaio) a Parigi vivevano del loro lavoro, educavano le loro due figlie alla vita in una grande metropoli e coltivavano la loro passione per l’arte contemporanea. Nel momento in cui Carla raggiuse l’età scolare, la coppia si chiese cosa volesse per il futuro delle loro bambine. Da siciliani neanche loro risultarono immuni al richiamo della propria terra, e operarono la loro scelta, quella di andare controcorrente: presero un aereo e decisero di investire sulle proprie radici.

F come Favara
Piccolo comune non lontano da Agrigento, Favara vanta una nobile storia e beni storico artistici di grande spessore, ma comparendo tra quei centri abitati che contano più decessi che nascite, assisteva impotente alla totale rovina del suo centro storico: nel 2010 il crollo di un edificio nel quartiere antico in piena città uccise due passanti. Il giorno in cui Florinda e Andrea raccontarono al sindaco il loro progetto, vennero presi per pazzi, ma non si scoraggiarono nemmeno un po’, “Favara diventerà la seconda attrazione turistica della provincia di Agrigento dopo la Valle dei Templi” gli dissero, il primo cittadino diede loro una pacca sulla spalla e la sua disponibilità, ma senza molta convinzione. Ad uno ad uno comprarono alcuni degli stabili fatiscenti del quartiere dei Sette Cortili per permettere che nell’antico rione tornasse a brulicare di vita, come al tempo in cui gli arabi lo fondarono.

F come Farm Cultural Park
Un agglomerato di edifici tutti intorno ad un cortile, oggi è il nucleo del Farm Cultural Park, un punto di ritrovo di artisti provenienti da ogni angolo del pianeta. Sempre più facciate vengono decorate con colorati murales e piastrelle, ma soprattutto, nessun cancello verrà mai installato. Il FCP è uno spazio inclusivo di promozione culturale e laboratorio di arte contemporanea nato da intenti propositivi, che mira ad essere sorgente di idee e progresso. Costituisce un periodico richiamo per chi ama l’arte contemporanea, mostrandosi sempre rinnovato e sempre diverso, ciclicamente si trova spazio per nuovi graffiti, opere, installazioni, ispirazioni. Per i creativi oggi è come un nido in cui covare e crescere idee, e dal quale si potrà assistere al loro primo volo.
F come Fiducia
Passeggiando per quei vicoli non è difficile vedere anziane signore accogliere con un sorriso gli avventori, o addirittura, offrir loro un caffè attraverso la finestra. A portare nuova linfa in un paese dato per spacciato è bastato un progetto che sapesse di buono: puntando su Favara e sui suoi cittadini, l’investimento dei due coniugi si è rivelato un vero e proprio magnete, che agisce in maniera contraria rispetto ad un territorio che respinge, in preda a mille difficoltà legate alle cattive prassi del mezzogiorno. Oggi vicoli, terrazze e giardini sono scenario di mostre e convegni di calibro internazionale, laboratori di architettura ecosostenibile per i bambini e residenze artistiche. Il fermento si ripercuote anche oltre quelle quattro mura, coinvolgendo e valorizzando il castello e gli antichi palazzi nobiliari, custodi a loro volta di collezioni permanenti semisconosciute. La reciproca fiducia tra i mecenati e i favaresi ha prodotto un ambiente sano dove la libertà di espressione artistica, anche se a volte sarcastica o satirica, non produce l’indignazione di nessun bigotto politically correct, anzi viene difeso il diritto di esprimersi.

F come Futuro
Sembra tutto troppo bello per essere reale, eppure esiste, ed è il prodotto di una concezione dell’arte completamente integrata nell’esistenza umana: un progetto così, che non può sostentarsi esclusivamente attraverso l’irrisorio biglietto d’ingresso, i fondi per la cultura o gli investimenti comunali e privati, deve, e può, attingere anche agli strumenti messi a disposizione per la mobilità internazionale, per contrastare la povertà, per promuovere lo sviluppo, campi su cui realmente opera e fa la differenza. Tutto parte dall’arte contemporanea, materia criptica ad un occhio non esperto, considerata di nicchia e non essenziale, per arrivare a risolvere problemi concreti di ogni giorno, come quelli della complicata realtà economica di un piccolo comune e dei suoi abitanti. Farm Cultural Park è frutto di un lavoro indefesso che mira anche fare da apripista per chi, come i Bartoli, vogliano scommettere su di un progetto ambizioso, creando strumenti come la SPAB (Società per Azioni Buone). Si tratta di un vero e proprio soggetto giuridico che mette in comunicazione i possessori di immobili strategici per lo sviluppo urbano con chiunque voglia investire nella sua rigenerazione, creando opportunità di cambiamento a favore di progetti utili a livello sociale e collettivo.
F come Femminile
In Italia in media una donna guadagna il 23,7% in meno di un uomo. Neanche la Francia da questo punto di vista è un’isola felice, ma il gap tra le retribuzioni è notevolmente minore. Cruciale è invece il fattore del tasso di disoccupazione femminile, che evidenzia la discriminazione di genere nel nostro paese: ancora nel novembre del 2019 il CENSIS decreta che l’Italia sia ultima nella classifica europea. Alla luce di questi dati, non intendo evidenziare l’incoscienza con cui Andrea e Florinda hanno operato questa scelta, ma la loro estrema volontà di cambiare un universo lavorativo che accoglierà un giorno le loro bambine. “Chi vuol cambiare qualcosa non lo pensa o dice soltanto, lo fa” questo è uno dei motti con cui Florinda Saieva si presenta durante interviste su riviste glamour e di settore, o in conferenze come il TEDx di Tornio del 2017. Con fierezza descrive un cambiamento possibile, dotato di risvolti imprenditoriali che la “futile” arte coinvolge diventando una risorsa per il settore della ristorazione, quello ricettivo, editoriale. Lei oggi è il volto di una realtà senza precedenti, in cui la propria famiglia è la prima ad esser esposta e operativa, lavorano tutti, anche le più piccole, a testa bassa, con serietà e senza mai lamentarsi, e lo fanno per il futuro loro e della comunità intera. Dimostrare che cambiare qualcosa di sbagliato sia possibile, è il migliore insegnamento che si possa dare ai propri figli.
F come Formazione
Aforismi triti e ritriti, un po’ da Baci Perugina, come “la bellezza salverà il mondo”, spesso vengono pronunciati per darsi un tono, senza considerare la loro valenza concreta, che è molto più evidente di quanto si possa immaginare. La concretezza è alla base di ogni azione. Per questo trovo lecito chiedersi se anche un soggetto che non possiede gli strumenti di strategia imprenditoriale, di interpretazione di diktat burocratici o, semplicemente, la piena coscienza dei propri diritti e doveri, sarebbe stato in grado di poter realizzare un tale complesso sistema. Per quanto sia un passato dal quale si siano distanziati, la dimestichezza con scartoffie e codici deve esser stata determinate per la realizzazione di FCP, perché si, avere e investire su di una bella idea è lodevole, ma anche molto rischioso per chi si avventura in un sentiero che incrocia prassi pubbliche e private, che coniuga solidarietà ed imprenditoria. A questo proposito credo sia necessaria un’evoluzione del settore formativo in ambito gestionale di fenomeni culturali, purché occupi la sua dimensione essenziale nella vita dei cittadini e si possa trovare con maggiore agilità la chiave adatta alla definizione pratica e fiscale di iniziative così articolate. Purché questo esempio non venga esclusivamente imitato, ma si sia in grado di individuare con maggiore chiarezza il settore che fiscalmente e burocraticamente si intende occupare, consci dei pro e dei contro è necessaria una rinnovata elasticità di pensiero che possa non ricalcare esempi passati, ma disegnare nuove modalità di sviluppo, attraverso la conoscenza delle opzioni a propria disposizione.

F come Foolish
Finché ad ogni neolaureato in ambito umanistico verrà chiesto se ambisca a fare il guardiano in un museo o l’insegnante, e dall’amministrazione pubblica, incapace di valorizzarne le potenzialità, il settore cultura verrà considerata la palla al piede del welfare, si sederanno centinaia di possibilità di crescita economica. E non è neanche colpa di quei soggetti superficiali, ma di una prigione sistematica creatasi nel tempo, che non permette di uscire da alcuni schemi predefiniti, fatti di gerarchie e di invadenza formalista che divide tutto solo in pubblico e privato. Tra un universo e l’altro si trovano personalità come quelle di Andrea e Florinda, gli affamati, i folli! Coloro che trovano la ricetta perfetta per la promozione e la riqualificazione della propria terra, scavalcando limiti infrastrutturali con soluzioni nuove e dagli ampi orizzonti, scegliendo di partire dal passato, e come artigiani, inventarsi nuovi meccanismi funzionali, utili e buoni.
La loro scelta non è stata pazzia ma la costruzione della propria Felicità.
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Articolo scritto per la sezione blog Culture Future del portale Tools for Culture
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