SCOPRIRE CARAVAGGIO – Le “istruzioni per l’uso in 6 passaggi” da Roberto Longhi

Immaginate che tra la pittura manierista e quella di metà seicento esista un buco nero a livello di critica, catalogato come un curioso periodo di passaggio. Provate a pensare come qualcuno che non ha mai sentito pronunciare la parola Caravaggio, se non per indicare il comune lombardo. Ora concentratevi sull’ipotizzare quali possano essere i mezzi di cui un ricercatore d’arte potesse disporre nella prima metà del XXI secolo, la lista non è lunga: cataloghi archivi, esposizioni in musei sparsi in ogni dove e fotografie in bianco e nero (a me sembra difficilissimo fotografare i dipinti del Merisi con le fotocamere ultra fiche che abbiamo oggi, immaginate la qualità che potevano avere le istantanee dell’epoca…)

Il panorama al quale si affacciò Roberto Longhi durante le indagini per la sua tesi nel 1910 era più o meno questo. Fu il suo professore ad affidargli lo studio di quel Caravaggio, personaggio oscuro che tanto fu apprezzato da Scipione Borghese. Il suo relatore era Adolfo Venturi, anche lui pioniere di una materia della quale non fu mai impostato un metodo scientifico, e anche lui pronto a lasciare il segno nelle generazioni future istruendo un esercito di critici d’arte (tra i quali anche Maria Accascina) all’utilizzo del suo iter analitico delle opere: per prima andava valutata la qualità dell’opera, poi andava considerato il vissuto dell’autore (qualora fosse noto), quindi la documentazione d’archivio, ma è l’immagine a dare le risposte sulla sua storia, esaminando lo stile ed i dettagli.

La raccolta degli studi che avrebbero rivoluzionato la storia dell’arte, Roberto Longhi la pubblicò solo nel 1943, e ne andava così fiero che, nonostante fosse rara la sua presenza a tavole rotonde e convegni, la espose in prima persona, quattro anni prima della sua pubblicazione, al Congresso internazionale di storia dell’arte a Londra. In realtà i suoi studi sul lombardo non terminarono mai, anzi si riattizzò il fuoco della sua passione preparando la prima personale sull’artista, ed in assolutola più importante e completa della storia, nel 1951 a Palazzo Reale di Milano.

Tutt’oggi leggere le sue righe significa imparare a far ricerca, sapere da dove incominciare, cosa cercare e dove. Il testo ha l’aspetto un rendiconto giornaliero dei risultati delle sue verifiche, ma in realtà è come se indicasse esattamente dove tutta la storia precedente a lui non abbia mai degnato di uno sguardo, e dove chiunque voglia indagare l’operato di un artista debba andare a scavare.

Istruzioni per scoprire una rock star come Caravaggio

  1. Leggi TUTTI i DOCUMENTI Se non sai da dove incominciare a fare una ricerca su un autore rinascimentale, cominceresti da Vasari, giusto? E nel caso in cui si tratti di un pittore di epoca barocca? No panic, hai l’imbarazzo della scelta tra le bibliografie di Giovanni Pietro Bellori e Giovanni Baglione che hanno ricalcato le orme del toscano. Sicuramente riscontrerai delle discrepanze tra i due, d’altronde il primo si sa che fosse un po’ approssimativo nelle attribuzioni, del secondo, invece, la storia ci insegna essere acerrimo nemico del Merisi, quindi si, ne cita le opere descrivendole, ma di certo non lo osannerebbe nemmeno sotto tortura! Che si fa allora? Estrapolarne i dati certi, come la collocazione delle opere ed il loro soggetto, i movimenti e le mode della città in cui si ambienta il suo operato artistico, e così via. Ogni informazione che ti si presenta dovrai quindi confermarla attraverso altri documenti, così come fece Longhi, scartabellando tra i documenti giudiziari, che riguardassero la sua persona o il suo modo di dipingere, nei contratti di committenza e nei cataloghi delle collezioni delle nobili famiglie, e ovviamente nelle vicissitudini storiche di quella famiglia. Ad esempio, attraverso atti giudiziari si riuscì a capire come Scipione Borghese sia venuto in possesso de Il bacchino malato e Giovane con canestra di frutta facendoli requisire come ammenda al Cavalier D’arpino, storico maestro di Caravaggio, dopo che dallo stesso cardinal nepote fu denunciato per il possesso di alcuni archibugi.
  2. Individua lo STILE Attraverso gli scritti hai delineato il vissuto dell’artista, gli spostamenti, gli eventi che possono averlo influenzato e se sei fortunato anche delle citazioni, attraverso queste si può ipotizzare una ricostruzione psicologica che ci aiuterebbe a capire le scelte stilistiche del soggetto. Fortunatamente abbiamo la trascrizione delle parole di Caravaggio, in cui difende la pittura dal vero in luogo di quella idealizzata, e una testimonianza poco simpatica di Baglione in cui spavaldamente asserirebbe che la sua arte sia migliore di quella del passato e di tutto il suo presente (“ Michelagnolo Amerigi fu uomo satirico, e altiero; ed usciva talora a dir male di tutti i pittori passati, e presenti, per insigni che si fossero; poiché a lui parea d’aver solo con le sue opere avanzati tutti gli altri della sua professione“). Importantissimi sono i suoi spostamenti per delinearne le influenze e le maestranze con cui ebbe a che fare: lombardo di nascita e allievo di Simone Peterzano non può che da lui esser suggestionato, così come dai fratelli Campi che in quell’epoca dominarono il panorama regionale. Oltre al periodo cupo post omicidio di Ranuccio Tomasoni, da collocare agli ultimi anni della sua vita, è interessante notare invece come nei suoi anni romani, da bravo esecutore di tele su commissione, si affidi ad una composizione che Longhi definisce classicista, derivata da impostazioni dei maestri rinascimentali e manieristi. La sua condizione geografica, economica e psicologica sono molto utili per eventuali attribuzioni, ma non è da sottovalutare l’esame attento di tratti e tecnica su autografi accertati dalle fonti, che ci permetterà di delineare alcuni capisaldi del suo stile.
  3. Esamina le COPIE Il realismo prorompente di un attimo che fugge, la resa espressiva, i volti popolani, i soggetti di genere, l’impostazione immersiva, sono tutti elementi di una pittura che cambiò totalmente l’ispirazione dei pittori dell’epoca. Era inevitabile che ne traessero spunto in moltissimi, che volessero emulare la perfezione di quel momento congelato dalla luce e portarsene un po’ con se, nel proprio paese o nella propria arte. Attraverso questi duplicati, spesso pregevolissimi a tal punto da esser confusi con degli originali, e numerosi con egual soggetto in egual posizione, Longhi capì cosa avrebbe dovuto cercare, e andando a ritroso nelle vite di questi copisti scoprire dove si potesse trovare la sorgente della loro ispirazione.
  4. Individua il suo SEGUITO…tutto Caravaggio non ebbe allievi, probabilmente non aveva nemmeno una bottega vera e propria, si crede lavorasse in casa dato che si hanno le prove che consumasse i propri pasti utilizzando come tovaglia il retro dei suoi dipinti, e visto anche il reclamo scritto della sua proprietaria di casa per aver aperto un lucernario sul soffitto senza autorizzazione. Il suo miglior maestro è stata l’osservazione della realtà, la natura, e diciamo la verità, di allievi tra i piedi credo che proprio non ne volesse. Nonostante ciò i caravaggeschi li troviamo in ogni città o paese in cui vi fosse almeno una sua opera, ne studiarono ogni aspetto, si specializzarono in un dato genere figurativo e scolpivano i corpi con la luce proprio come il milanese. Si tratta di una vera e propria rivoluzione nella concezione di un’immagine, rappresentare il momento in cui accade una data scena, senza esser edulcorata da personaggi immaginati e stilizzati, ma persone reali, come quelle che l’opera la guardano. Dare un’identità a ciascun artista che nei secoli fu etichettato come “tardomanierista” o “anonimo fiammingo”, individuare tra loro eccellenze come i Gentileschi padre e figlia, e definire le caratteristiche di ognuno in base al tipo di contatto che ebbero con Caravaggio e a come lo fecero proprio, fu senza dubbi un lavoro immane. Tra tutti riuscì a delineare come figura autonoma quella del Pensionante del Saraceni, che con questo ebbe a che fare, ma i cui dipinti venivano attribuiti una volta alluno, un’altra volta all’altro caravaggesco. Finalmente insieme a dipinti di soggetto sacro e ritratti viene restituito lo spazio che meritava la pittura di genere, quella delle nature morte, dei popolani che mangiano fagioli o giocano a carte, quella che viene chiamata bambocciante, riacquista dignità studiando il genio di Annibale Carracci e la methodus di Bartolomeo Manfredi.
  5. DEPOSITI, rigattieri… cerca dappertutto Quale facoltoso collezionista terrebbe appeso nel suo salotto buono il quadro di uno sconosciuto copista? Che museo esporrebbe il dipinto di un tal Caravaggio, pregiudicato ed assassino per attirar e istruire visitatori? Figuriamoci se di dubbia autenticità o se si tratta di una copia accertata. Roberto Longhi viaggiò in lungo e in largo per frugare nei depositi delle gallerie nelle città vissute dall’artista, per ficcare il naso tra le stanze private di nobili famiglie, rigattieri e case d’asta, in cerca di nuove scoperte, nuove attribuzioni da aggiungere al catalogo.
  6. Fanne una MOSTRA ineguagliabile Rimane tutt’oggi ineguagliato il numero di originali di Caravaggio presenti ad una mostra temporanea, costituisce quindi ancora un record la mostra al Palazzo Reale di Milano del 1951. La prima mostra in assoluto che consacrò l’ignoto Merisi all’Olimpo dei grandi maestri del passato, fece di Roberto Longhi il padre dell’immagine di questa odierna rockstar, il cui nome è ormai sinonimo del ben dipingere il reale. Si scelse la Lombardia perché da lì partì tutto, la chiave di volta era nel Peterzano e nel Savoldo, dalla loro evoluzione nacque lo studio delle ombre e la sapienza nel trattar i tessuti. Si scelse inoltre di non puntare sulla vita dell’artista, non attirare l’attenzione del pubblico con fatti di cronaca nera che si sarebbero automaticamente tinti di rosa tra le chiacchiere dei pettegoli e che non avrebbero concesso spazio alla vera abilità del pittore. Si volle presentare il nome accanto a un volto, quello di un ritratto di Ottavio Leoni, probabilmente l’unico realizzato dal vero. Nelle prime sale la genesi, alcuni dei dipinti i cui pigmenti probabilmente furono respirati dal Michelangelo bambino, per poi continuare con il bottino di guerra del critico, ogni dipinto movibile, attribuito ed accertato componeva un tassello dell’evoluzione della carriera dell’artista, esposto in rigoroso ordine cronologico. Ne si evidenzia in maniera naturale il carattere antimitico ed anti controriformista: Longhi nella sua introduzione alla mostra scrisseDue grandi riserve di soggetti erano infatti sempre a disposizione: quella della mitologia sacra, fosse pagana o cristiana e quella della storia più illustre. E non c’era sicuramente da pensare che volendo farsi strada , potesse il caravaggio scartare affatto quegli argomenti. Ancora ai suoi tempi non si dipingeva che per commissione[…] Un Bacco? Soggetto mitologico, certamente. Ma a noi non ne resta che il nome […] da poterlo affibbiare a questo torbido garzonetto di osteria romana incoronato di pampini e con un vassoio di uve diverse. A questo modo il soggetto è già moderno , quasi come la “barista” di Manet. L’arte della prima metà del seicento finalmente venne approfondita, ed ognuno dei suoi battiti era riportato nell’esposizione ponderata di caravaggeschi di ogni nazionalità: il giusto coronamento di tanto studio, l’opportuno spazio divulgativo per troppo tempo negatogli. 

SPERO CHE QUESTO ARTICOLO VI SIA PIACIUTO, CI TENEVO MOLTO A SCRIVERLO ANCHE PERCHE’ DA QUESTI STUDI NACQUE LA MIA TESI DI LAUREA. SE VI INTERESSA SAPERNE DI PIU’ SULLA MOSTRA DEL 1951, LASCIATEMI UN COMMENTO E NE SCRIVERO’ UN ARTICOLO DEDICATO.

AL PROSSIMO APPROFONDIMENTO 🙂

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