Attentati all’arte – Le Stragi di mafia del 1993

Nel 1954 fu firmata la Convenzione dell’Aja, trattato internazionale che per primo definiva il concetto stesso di bene culturale, atto fortemente voluto da tutte le nazioni vittima della seconda guerra mondiale. Stabilire che i crimini di razzia e distruzione di beni storici, archeologici, artistici venisse considerato crimine di guerra è stata avvertita come una necessità impellente da ogni paese che lo ha ratificato.

Ma come puoi difendere il tuo patrimonio se la guerra ce l’hai in casa?

Il 23 maggio 1992 i telegiornali mandano a ripetizione le immagini di detriti e macchine accartocciate sull’autostrada Messina Palermo  poco distante dall’uscita di Capaci. Muore in un attentato dinamitardo Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta. Il 19 luglio dello stesso anno, la scena si ripete, ma in un quartiere abitato, a Palermo, in via D’Amelio per l’esattezza. Questa volta muore Paolo Borsellino e gli agenti che hanno provato a proteggerlo. Da allora la mafia entra in guerra con lo Stato Italiano creando un clima di terrore che mira a far scendere a patti le più alte cariche pubbliche. Scalfaro, allora Presidente della Repubblica, arrivò a temere il colpo di stato. Cosa nostra infatti sbarca sulla penisola e platealmente dimostra di voler ampliare il suo domino.

Nell’estate del 1993 avevo 9 anni, mi trovavo a Milano in vacanza dallo zio. Una sera uscimmo, non sapevo dove saremmo andati, ma improvvisamente mi trovai davanti un palazzo, che doveva essere bello e antico, si, ma era stato completamente divelto, un enorme cratere che permetteva di vederne l’interno. Macerie, travi in acciaio completamente deformate, ancora qualche cornice era appesa a quel che restava delle pareti interne. Ero in Via Palestro, uno o due giorni dopo il 27 luglio, e dall’altra parte della strada il Padiglione d’Arte Contemporanea, nelle scuderie di Villa Reale di Belgioioso sede dal 1921 della Galleria d’Arte Moderna, nella quale confluirono le collezioni di dipinti e sculture appartenenti al periodo che va dal Neoclassicismo al XX secolo. Ero troppo piccola per inorridire e capire, ma tutt’oggi ricordo bene ogni dettaglio.

Il modus operandi era quello tipico ormai: un’autobomba carica di tritolo veniva fatta esplodere al momento giusto, e in un attimo tutto accadeva. Ma perché attaccare un museo? Più tardi un pentito afferma che i punti in cui piazzare gli ordigni venivano scelti puntando il dito su di un dépliant turistico, più tardi, invece, si capirà che quei beni avevano la colpa di essere in prossimità di sedi di giornali, partiti o logge massoniche e di essere sufficientemente lontani dalle caserme delle forze dell’ordine.

Ad un anno dalla morte di Paolo Borsellino, si trovavano a perdere la vita nello stesso modo altre 5 persone: 3 pompieri, un agente di polizia municipale e un povero senzatetto trovatosi lì per caso. La museologa Maria Teresa Fiorio venne nominata direttrice delle collezioni civiche nel 1992. La notte dell’attentato era a casa, a letto, riposava. Venne svegliata dalla telefonata di un collaboratore. In un’intervista al Corriere della Sera racconta dettagliatamente l’esperienza di quella notte:

“Le travi di ferro piegate dal fuoco e dal peso dell’acqua, la copertura franata assieme ai muri perimetrali, il soffitto a brandelli, i vetri esplosi e il cratere della strage all’ingresso del Padiglione. […] Anche la Villa Reale sentì il contraccolpo della bomba. Una persiana scagliata dalla parete era arrivata a una spanna dal Quarto Stato di Pellizza Da Volpedo. Fortunatamente, nessuna opera della Galleria d’arte moderne rimase danneggiata. Solo un graffio al gomito della Ebe del Canova, che trovammo inclinata e appoggiata alla parete.”

Era in programma per l’inaugurazione della stagione autunnale, l’allestimento della mostra dedicata alla memoria dell’artista toscano appartenente alla corrente dell’arte concreta, Mario Nigro. Quella stessa mattinata erano arrivate e casse contenenti una trentina di opere che sarebbero state esposte.

“L’attentato distrusse completamente un’opera molto grande, formata da più pannelli, intitolata Totem del 1965. Il saggista Gianni Nigro, figlio del pittore pistoiese, accompagnò i pompieri, seguì le operazioni di recupero e salvò l’eredità del padre dalle rovine: alcune opere hanno subito danneggiamenti di rilevanza diversa, ma le assicurazioni sottoscritte dal Comune mi risarcirono pienamente, consentendomi di pagare i restauri. Andai personalmente a recuperare alcune tele non intelaiate, avvolte su se stesse e rimaste sepolte. In quei giorni di fine luglio, a Milano, c’erano violenti temporali che avrebbero potuto distruggere irrimediabilmente le opere”.

Un’opera di Mario Nigro danneggiata dall’esplosione

La stessa notte, a Roma esplosero altre due autobomba, anche qui gli obiettivi prescelti coinvolgevano strategicamente importanti beni artistici, in questo caso, edifici ecclesiastici.

Il 9 Maggio del’93, sua Santità Giovanni Paolo II in visita ad Agrigento, scagliò un invettiva contro tutti gli uomini di mafia: “Convertitevi! Verrà il giudizio di Dio!”: per la prima volta la chiesa si distanziava pubblicamente dal malaffare, deludendo profondamente devotissimi boss e sicari. A confermare il movente della reazione dell’organizzazione criminale, la confessione di Marino Mannoia, pentito di mafia protetto dall’Fbi in Usa:

“Nel passato la Chiesa era considerata sacra e intoccabile. Ora invece ‘cosa nostra’ sta attaccando anche la Chiesa perché si sta esprimendo contro la mafia”.

Il tritolo fece il suo lavoro presso un ingresso laterale, quello dell’ala nord del transetto di San Giovanni in Laterano, provocando danni anche all’adiacente Palazzo Lateranense. Un articolo pubblicato su La Repubblica appena due giorni dopo l’esplosione racconta la visita del Papa e del Presidente della Repubblica alla grande basilica, il pezzo descrive questi due uomini, ricoperti delle loro pesanti cariche, come se stessero percorrendo la via Crucis:

“I due grandi vecchi, i padri della Patria e della Religione, si abbracciano a una decina di metri dal cratere della bomba che ha ferito la Madre di tutte le Chiese. Non è un abbraccio vero e proprio. E’ uno di quei gesti forti di Giovanni Paolo II, che quando è commosso ama afferrare il suo interlocutore per le braccia, con vigore. […] Gli fa strada il presidente Scalfaro, che per tutta la visita lo informa sui danni e la meccanica dell’ attentato. Dal chiostro papa e presidente si dirigono verso la prima infilata di uffici amministrativi. Una desolazione. Mobili e scaffali ridotti in poltiglia. Finestre devastate come occhi senza pupille. Pratiche ormai inutili scaraventate per terra, mescolate ai detriti. Per una porta interna Scalfaro e Wojtyla entrano nella basilica. Il ciborio gotico di Arnolfo di Cambio, sull’altare centrale, si staglia nella penombra. Intatto. Come un miracolo. Ma tutto intorno è come dopo un bombardamento. L’ attentato ha sfracellato il portale, che dà sul piazzale dell’ Obelisco. E anche la porta interna di legno massiccio è stata fatta a pezzi dall’onda d’urto. I suoi brandelli sono stati scagliati fin quasi ai limiti del ciborio. Giovanni Paolo II guarda attonito. Ai suoi piedi si stende un fitto tappeto di vetri, calcinacci e frammenti di legno. I detriti arrivano fino al limite estremo del corpo posteriore della basilica. Il papa sfiora con lo sguardo un’ acquasantiera barocca. Non può vedere che l’ acqua benedetta è piena di grumi di vetro.”

La seconda tappa del loro Calvario si svolgerà presso il secondo degli obiettivi prescelto dai criminali. Si danno appuntamento a San Giorgio al Velabro.

“La vista della facciata distrutta della vecchia chiesa alle pendici del Campidoglio è ancora più sconvolgente. Per Wojtyla, San Giorgio al Velabro è un tempio particolare. Nel vicino pensionato francescano Wojtyla venne qualche volta da cardinale.”

Anche questa antica chiesa occupa un angolo da cartolina in pieno centro cittadino, così vicino alla Bocca della Verità e ai Fori, avrebbe certamente fatto presa sui numerosi turisti che sarebbero tornati con le loro fotocamere e al far della mattina, inoltre è sede di un ordine cavalleresco del quale fanno parte alcuni pezzi grossi delle forze armate. Alle 00:08 la deflagrazione di 100kg di tritolo causò il crollo quasi totale del portico antistante la chiesa, del quale rimasero in piedi soltanto il pilastro di sinistra e le tre colonne ad esso più vicine, e aprì una larga breccia sul prospetto danneggiando intonaci ed affreschi medievali riaffiorati solo ne 1920. Provocò nonché il danneggiamento del controsoffitto e dissesti statici alle strutture murarie della chiesa, del campanile e all’annesso convento. Un paziente restauro durato 3 anni, condotto con la tecnica dell’anastilosi, recuperò quanto più possibile il materiale originale ricomponendo l’originale aspetto del colonnato e salvando elementi ornamentali, i capitelli ionici, le fasce decorate dei pilastri, la trabeazione marmorea, e ricomposto un brano di affresco altomedievale.

Questa drammatica notte fu annunciata due mesi prima un altro attentato, il più grave in termini di vite e di offesa al patrimonio culturale, passò alla storia come La Strage di Via dei Georgofili.

Via Dei Georgofili, Firenze – 27 Maggio 1993

E’ l’una di notte del 27 maggio, Firenze dorme mentre un Fiorino della fiat carico di 277 Kg di esplosivo, viene parcheggiato ai piedi della Torre delle pulci, accanto al punto in cui la Galleria degli Uffizi si connette con il Corridoio Vasariano. Il boato fa crollare completamente la Torre sede dell’Accademia dei Georgofili uccidendo l’intera famiglia della custode, l’incendio che ne scaturì rese vittima anche uno studente ventiduenne. Lo scenario è apocalittico. Le 250 opere d’arte contenute in quel ala della celebre galleria furono danneggiate. Determinante fu la tempestività del personale del museo che sfidando il fumo e la polvere entrarò subito tra le mura sventrate, lavorando senza sosta e riposo per settimane, e affidandosi all’istinto e all’intuizione, mise sotto carta giapponese ogni frammento riconoscibile.

Gherardo Delle Notti – Adorazione dei Magi

Le opere simbolo del disastro di quella notte sono l’Adorazione dei Pastori di Gherardo delle Notti, I giocatori di dadi di Valentin De Boulogne, Il concerto di Bartolomeo Manfredi ma tra tutti, per le condizioni in cui si presenta oggi, spicca per tragicità, I giocatori di carte sempre di questo caravaggesco.

Bartolomeo Manfredi – I giocatori di Carte prima del restauro del 2017

Il restauro del 2017 ha potuto solo assemblare ciò che ne rimase: Daniela Lippi, la restauratrice racconta

“sono rimasta impressionata dalla grandezza e della vastità del danno, nonostante conoscessi già la quantità di materia pittorica rimasta. Ovviamente il quadro non tornerà mai integro come un tempo: l’obiettivo è preservare la materia rimasta, conservare i resti nel tempo futuro con nuova dignità»

Come un puzzle intricatissimo in cui nessun frammento combacia con l’altro, circa 400 i frammenti provano a ritrovare la loro posizione sulla tela; catalogati uno ad uno grazie ad un lavoro certosino, ora si può riconoscere nel A24 la bocca di uno dei personaggi, in A29 è un pezzetto di guancia, A13 la manica rossa…  

Il restauro ci restituisce un opera mutila, ma che presto troverà posto nella collezione permanente del museo, portando con se il valore acquisito di esser testimone dell’orrore della ferocia umana.

Ognuno di questi scoppi ci ha tolto qualcosa, a partire dall’illusione che ciò che intellettualmente viene concepito come intoccabile può andare perduto anche ai giorni nostri a causa della barbarie. E’ incominciato come un episodio che sembrava legato esclusivamente alla Sicilia e invece la profonda ferita sulla pittura del XVII secolo, quella colonna che proprio non si è potuta recuperare dal pronao di San Giorgio, l’eredità mutilata di Mario Nigro e tanta, tantissima paura di non essere al sicuro mai, sono segni che sono rimasti su ognuno di noi.

Ogni anno il 23 maggio viene ricordata la strage di Capaci, che no, non è solo cosa nostra…

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Sitografia:

https://espresso.repubblica.it/attualita/2018/07/16/news/il-buio-oltre-le-stragi-1.324917

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00546/

https://milano.corriere.it/milano/cronaca/speciali/2013/via-palestro/notizie/14-luglio-opere-arte-distrutte-strage-pac-2222153631114.shtml

https://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/17_settembre_13/adesso-quadro-davvero-nudo-ma-solo-insieme-potremo-rivestirlo-0d409a44-9861-11e7-abf0-b65888748037.shtml

https://www.ilmessaggero.it/spettacoli/cultura/firenze_strage_93_restaurata_tela_di_bartolomeo_manfredi_degli_uffizi-3757705.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_via_dei_Georgofili

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/le-bombe-di-25-anni-fa-dirette-contro-la-chiesa

https://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2010/06/17/news/per-chi-era-questa-bomba-1.25530

https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Giovanni_in_Laterano

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Giorgio_in_Velabro

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/07/29/la-via-crucis-del-papa-tra-le.htmlhttps://www.careof.org/progetti/1993/totem-retrospettiva-dopo-l-attentato-al-pac-di-milano

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