Se pensi a Messina, qual è la prima cosa che ti viene in mente? Immagino non di certo la sua street art!
Eppure è lì che ti accoglie agli approdi degli aliscafi e colora il tuo arrivo alla Stazione Centrale, con personaggi giganteschi a tutta facciata sugli edifici della zona che va tra il Porto e Piazza Repubblica. Si può affermare che alla Street Art di Messina abbia dato un bello scossone l’artista Blu (uno dei più influenti del mondo), prima di lui solo pochi writer praticavano Graffiti Art in città.
Dell’artista marchigiano Blu, conosciamo le sue opere ma non il suo nome. Il suo pseudonimo ci riporta subito alla mente le tinte accese che utilizza in contrapposizione a linee di contorno nere, e una cifra volutamente esplicita mossa dalla denuncia per il marcio che ci circonda nel mondo. Altrettanto noti sono i suoi atti di protesta assoluti ed irreversibili: nel 2016 Blu decise di cancellare tutte le opere realizzate Bologna per opporsi alla mercificazione della street art, dopo che alcune opere furono prelevate dai luoghi degradati in cui sono state realizzate per esporle in una mostra a Monaco, in alcuni casi anche contro il parere degli artisti e in contraddizione con la politica stessa di questo genere di espressione. Blu è un purista in questo, l’arte di strada è diretta a tutti ed è di tutti, non deve essere accessibile solo ad un pubblico pagante.
Torniamo a Messina e facciamo un passo indietro. Dopo lo sgombero del Teatro in Fiera (Ei fu…), i ragazzi del Teatro Occupato Pinelli si spostarono alla Casa del Portuale, altro relitto immobiliare comunale, in via Alessio Valore, nei pressi della dogana. E’ il 2013, ed appena concluso il murales a Roma, sulla facciata della nuova sede del gruppo attivo, Blu dipinge col blu. L’opera Caccia al Pescespada riprende i toni del mare del vicino Porto, animando le sue onde di personaggi infantili, nudi ma col viso da adulti, che annaspano cercando di raggiungere grossi ed evidenti ami a cui sono fissate banconote, croci, e oggetti hi-tech. Le esche sono ciò che viene promosso dalla società odierna, beni e dottrine che ci rendono ciechi al pericolo della massificazione delle menti a cui andiamo incontro. Irrompono grandi pesci spada nella parte inferiore della composizione che trafiggono con la loro lancia carte d’imbarco, carrarmati e cellulari, facendosi personificazione della natura che si abbatte contro l’artificio umano (tema che l’autore riprenderà a Librino nel 2016). Nella porzione superiore, alcune zattere affollate da ciminiere ed edifici di culto ritirano le loro reti zeppe del pescato umano. Uno spaccato della società odierna, un bel pugno allo stomaco. Oggi il murales è pressoché illeggibile. Le cause della pessima condizione conservativa sono molteplici, tra cui la mancata cura da parte delle autorità pubbliche, la scadente qualità dei materiali utilizzati (forse intenzionale per una futura autodistruzione progressiva) e l’inciviltà di chi non ha mai avuto idea del valore di ciò che stava imbrattando.











Sulla scia degli effetti che la street art ha sortito, attirando l’attenzione sul degrado delle strade adiacenti al Pinelli, nasce Distrart: un progetto promosso dal Comune di Messina nel 2015 che punta sull’arte dei grandi muri per la riqualificazione urbana di una zona centralissima e nevralgica per gli spostamenti da e per la Sicilia. E’ un progetto di rigenerazione che fa parte della rassegna Ottoeventi, che ha promosso il Centro di Competenza per l’Arte e l’Architettura Contemporanea, di cui la deus ex machina è Enrica Carnazza, proverbiale e instancabile propulsore della promozione dei giovani artisti in passato, ma che la gestione comunale attuale ha relegato in un ufficio anagrafe.
Sulla pagina facebook del progetto possiamo leggere:
“ Distrart ha individuato un punto e una linea d’intervento all’interno del tessuto urbano della città di Messina. Il punto corrisponde al cuore del DiStretto d’Arte Urbana in cui si esprimeranno artisti su grandi superfici …”
Il punto è il medesimo quartiere in cui ha operato Blu, pieno zeppo di pareti di cemento di edifici in stato di abbandono. Il bando ha respiro internazionale. Il frutto di questa azione sono state pitture colossali, che hanno coinvolto anche le facciate del mercato ittico e di uffici doganali in disuso, il cui fil rouge tematico è il mare. Soggetto declinato in varianti delle più fantasiose: viene visto come un riferimento primario, come area di passaggio per grandi viaggiatori, come risorsa vitale per la città e come scenario dell’attualità.

Il primo murales a deliziare lo sguardo di messinesi e pendolari è quello del varesino Sea Creative. Lillo, l’ha chiamato così il suo enorme marinaio con l’aria malinconica ed il viso provato dalla fatica del lavoro in mare; è a chi fa il suo duro mestiere che si è ispirato, omaggiando la categoria, proprio di fronte al Mercato Ittico, sulla stessa strada del predecessore di Senigallia.



Il secondo è in via Magazzini Generali, proprio accanto al parcheggio Cavallotti, e, più che una raffigurazione sembra una visione onirica in cui un marinaio, dal ritratto iperrealistico, cavalca un paguro sulla cui punta c’è un faro (simbolo di illuminazione e ispirazione ma anche della città stessa), a cui è appena sfuggito dalla mano destra un barattolo in vetro con una sirena all’interno, con la sinistra regge una fiocina improvvisata fatta con una forchetta, puntandola su di una enorme pescespada che nuota in una mare in cui le onde sono enormi balene stilizzate. Poki ed Anc hanno occupato la più grande delle pareti a disposizione con la graficizzazione di un sogno, un inno alla fantasia di tecniche e stili ed alla libertà d’ispirazione. Una festa per gli occhi che parla di rinascita in cui si uniscono il mondo fantastico e quello reale. In un vicolo così piccolo un colosso del genere fa il suo effetto.

Girando l’angolo, sulla facciata che dà su Piazza Stazione, a dare il benvenuto ai viaggiatori è Julieta xlf con la sua sirena, un po’ manga e un po’cartoon, riprende stilemi pop ma si fa foriera di messaggi di solidarietà. Affiancata da un cavalluccio marino e da una volpe, con coralli intrecciati nella sua chioma, sull’azzurro della sua carnagione spiccano delle lacrime rosse, simbolo del sangue delle vittime dell’immigrazione per mare. Lo sfondo riprede i motivi delle ceramiche tradizionali in chiave pop.

Lo stesso tema sullo stesso edificio è affrontato da NemO’s. Le sue figure umanoidi rugose e sempre nude qui sono appese ad un filo da bucato ad asciugare al sole, come fradice dopo un naufragio. Ed è proprio per riportare alla memoria un incidente simile (di quelli ancora troppo frequenti) che realizza questa opera colossale: l’annegamento dell’atleta somala Saamiya Yusuf Omar, fuggita dal suo paese su di uno dei barconi della morte il 2 aprile 2012. Finissimo l’espediente tecnico di lasciare che ognuna delle figure appoggi i piedi sull’architrave delle finestre al piano terra o col ginocchio sulla pensilina.
Altrettanto bravo nell’adattarsi alle aperture sulla facciata Luca Zomoc: un drago/serpentone scansa con ampie anse ogni grata degli ex uffici doganali, fronte mare, rievocando i miti antichi. Si rifà alla leggenda di Giasone e gli argonauti, che si dice siano passati dalle acquee dello Stretto per raggiungere la Colchide, sfidare la sorte e conquistare il vello d’oro. Con i colori dello stemma cittadino, giallo e rosso, riproduce il terribile mostro con la pelle dell’ariete appesa sulla coda e l’eroe in chiave un po’ futuristica.

L’ultimo a comparire in zona è quello realizzato da Polly – Maca e NessunNettuno, ed è un site specific. Trascrivo testualmente l’illustrazione del significato dell’opera di uno dei due autori.
“Dentro un cuore enorme c’è una porta vera, l’ingresso della sede della Casa di Vincenzo, dormitorio per senzatetto. Il grande pescespada che si trasforma in feluca, la sintesi di due noti simboli messinesi, fa breccia nel cuore, inteso come continuo ed inesauribile atto d’amore nei confronti di tutte quelle anime che passano dalla città che è sempre stata un porto in cui provare accoglienza. Lo stesso porto ha la forma di un abbraccio. E’ l’amore di un’intera città.”
NessunNettuno ha inoltre allargato gli orizzonti del progetto Distrart eseguendo bellissimi murales anche presso il deposito dei giganti Mata e Grifone ed il carcere di Gazzi.
La linea di cui si accennava pocanzi invece viene descritta sul profilo di Distrart così
“…la linea, invece, è rappresentata dalle pensiline della linea tranviaria in cui sono previsti interventi degli artisti locali. Dialogando con il flusso dinamico all’interno del tessuto urbano, gli interventi sulle pensiline del tram vogliono riportare il mare tra le vie della città come elemento di rigenerazione urbana e di valorizzazione dei caratteri identitari del luogo.”
L’intero percorso delle rotaie diventa così un museo a cielo aperto in cui muoversi obliterando il biglietto dell’ATM. Ad ogni fermata una storia che scorre sotto gli occhi di chi resta seduto sui sedili, chi si reca alla fermata e di chi aspetta. Alla storia, letteratura, arte, tradizioni e la natura stessa di Messina sono dedicate le irregolari superfici in plexiglass delle pensiline di recente installazione disseminate per tutta la città.
A tal riguardo vi allego una piccola galleria di foto di fermate della zona nord, dal capolinea Museo fino a piazza Cairoli.




















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