Esser Mecenate in Sicilia – l’avventura di Antonio Presti

Il dubbio e la diffidenza, lo scetticismo e l’approssimazione, le intimidazoni e l’ignoranza. Fattori questi, a cui è andato incontro, forse, l‘unico mecenate siciliano dei giorni nostri.

mecenate s. m. – Propriam., nome (lat. Caius Maecenas -atis) di un noto cavaliere romano (69 – 8 a. C.), consigliere di Augusto e influente protettore di letterati e artisti; quindi, per antonomasia, ogni munifico protettore e benefattore di poeti e artisti: Lorenzo de’ Medici fu uno dei più grandi m. del Rinascimento.

Vocabolario Treccani

Lorenzo De’ Medici, grande protettore e promotore di artisti e letterati del suo tempo è arcinoto per la collezione d’arte di famiglia, che arricchì con meravigliosi capolavori, guadagnandosi un posto nella storia per la sua infinita cultura umanistica. Al giorno d’oggi il ruolo del mecenate è diventato molto meno comune, ed ha subito evidenti evoluzioni. Esemplare del tutto atipico è proprio Antonio Presti.

Chi protegge e sovvenziona pittori scultori e poeti ne colleziona le loro opere, Presti no. Chi ha l’occasione di custodire pezzi preziosi li chiude sotto chiave, Presti li mette a disposizione di tutti. Chi fa il filantropo ha un impero economico alle sue spalle. Presti se ne è spogliato. No, non è un nuovo San Francesco, anche se averlo incontrato ed averci parlato per due volte, mi ha davvero aperto la mente.

Foto da Facebook

La sua è una storia come poche altre, che incomincia a Messina nel 1957, quando nasce nella famiglia di un imprenditore edile che lavora con gli appalti pubblici stradali. Mentre frequenta l’università di ingegneria, il padre muore, e lui si trovò a capo di un’azienda tra la diffidenza dei veterani del settore, ma scoraggiarsi non è nelle sue corde. Lasciò gli studi, che infondo non rispecchiavano la sua idea di futuro, e prese le redini della ditta di famiglia conducendola in maniera direi “olivettiana”: i proventi vennero reinvestiti nella qualità del luogo di lavoro dei suoi impiegati, fece costruire anche residenze e istituì bonus per gli operai e le loro famiglie.

Ma come una sirena alla vista di Ulisse, il mondo dell’arte contemporanea intonava il suo canto irresistibile. Già cultore ed autore, frequentò spesso i maggiori salotti artistici romani, vantando conoscenze di chiara fama. E fu proprio a contatto con il fermento creativo dell’urbe che maturò l’idea che gli avrebbe cambiato radicalmente la vita.

Nel 1986 decise di omaggiare la memoria di suo padre, commissionando a Pietro Consagra una scultura e regalarla alla propria terra. Insieme allo scultore astrattista scelsero di posizionare l’esemplare di addossato bicolore in cemento sul letto della Fiumara che attraversa la valle non lontano dal suo cementificio, in un punto molto scenografico per chiunque si trovasse a viaggiare sulla strada statale, ma complesso dal punto di vista della staticità (tant’è che furono costruite fondamenta profondissime capaci di sostenere una palazzina) e delle condizioni meteo molto ventose.

  • Si ma, per chi lo fa?
  • Chissà chi c’è sotto…

Questo il vociare di un pubblico diffidente, che anziché lasciarsi guidare nella scoperta di qualcosa di nuovo storce il naso e vuol vederci del marcio. Esclamazioni trasformatesi in “Se l’è andata a cercare” in poco tempo, poiché ricevette un richiamo dalla Soprintendenza di Messina, la denuncia lo accusò di aver violato le direttive della Legge Galasso in materia di patrimonio paesaggistico. Chi non vive in Sicilia, forse non conosce lo stato penoso in cui versano regolarmente quei delicati organi idrogeologici che sono le fiumare: piene di sterpaglie e rifiuti, raramente manutenute e spesso per questo punto nevralgico di alluvioni autunnali. La fiumara che sfocia tra Santo Stefano di Camastra e Castel Di Tusa ha un letto molto ampio e non costituisce un rischio idrogeologico per il suo territorio. Converrete con me che il vero crimine verso il paesaggio siano l’ignavia e la scarsezza senso civico di chi dovrebbe mantenere allo stato ottimale le decine di letti in secca, mettendo tra l’altro in pericolo città intere e le arterie viarie che spesso li costeggiano, non di certo una scultura che ne occupa, a occhio e croce, un decimo dell’ampiezza, non influenzandone quindi la portata. Per ciò che riguarda invece la tutela della bellezza del paesaggio incontaminato, trovo necessario segnalarvi che oggi a qualche metro di distanza dalla scultura svettano i piloni dell’autostrada in cemento depotenziato.

La Materia poteva non esserci di Pietro Consagra vista dall’alto

Vi siete incazzati per una scultura? Allora ve ne regalo dodici!

La prende con grande filosofia Antonio Presti, che avendo raccolto il consenso dei sindaci dei 12 comuni della valle e già tessuto una fitta rete di conoscenze tra gli artisti romani, aveva sognato un parco da donare ad un territorio in cui borghi splendidi, tutti da valorizzare, da tempo costituivano la culla ideale per covare i malaffare, così avvolti nel loro oblio. Il problema non era affatto paesaggistico, si trattava di dominio mafioso, proprio nel periodo in cui nascevano il pool antimafia e le associazioni anti-racket e cominciavano intimidazioni ed attentanti a magistrati e pezzi grossi delle forze dell’ordine.

Presti, portando avanti un progetto che mira a fare di quel corso d’acqua un simbolo della vita, inizia il suo calvario. Nel suo immaginario, ogni opera che ne farà parte occuperà a seconda del suo significato intrinseco, una posizione a differente altitudine su per queste colline simboleggiando il flusso della vita della “ciumara” stessa, che nasce ad oltre 900 metri sul livello del mare e muore alla sua foce. Così troveremo opere che rievocano la creazione della vita nei pressi di Mistretta e sculture che parlano della sua fine sulla spiaggia.

Durante la costruzione di La materia poteva non esserci erano stati già presi accordi con Paolo Schiavocampo per un’altra scultura a quota maggiore. Presti conobbe questo pittore e scultore nella capitale, lo stesso luogo in cui vigeva il dio collezionismo, che gli parve una sterile ostentazione di avidità. Egli stesso in una recente intervista raccontò che Tano Festa (che sarà anch’esso coinvolto nel progetto) gli spiegò come avrebbe potuto inserirsi nell’elite dei collezionisti: avrebbe dovuto comprare e accumulare le sue opere d’arte a scopo di investimento conservandole gelosamente, all’artista Antonio Presti rispose che invece l’arte senza il pubblico sarebbe stato un atto inutile, come una comunicazione non ricevuta. Da lì nacque l’idea di Fiumara d’Arte, dove l’arte sarebbe stata di chiunque la volesse ammirare.

Per ogni scultura che nasceva, continuarono a fioccare denunce da parte della Soprintendenza di Messina e della Regione, per occupazione di suolo pubblico e abusivismo. I sindaci che diedero inizialmente il loro beneplacito, da sostenitori passarono a soggetti ignari dei fatti che alla luce di poteri maggiori firmarono ordinanze di sospensione dei lavori. La politica mostrò la sua faccia più ambigua, plaudendo alle donazioni dell’imprenditore autorizzandole e ritirando i propri favori non appena arrivassero segnalazioni dalle autorità.

Il 30 gennaio 1989, venne comunque inaugurata Una curva gettata alle spalle del tempo e al contempo, viene bandito un concorso per artisti under40 la realizzazione di nuove sculture. Giudicati da una giuria multidisciplinare internazionale, tra le 55 proposte pervenute, furono selezionati i progetti di Antonio Di Palma, Italo Lanfredini e Carlo Lauricella. Purtroppo l’opera di quest’ultimo non sarà possibile realizzarla, sorte condivisa con i progetti di Edoardo Chillida, Fausto Melotti, Arnaldo Pomodoro e molti altri che si strinsero intorno ad Antonio Presti proponendo i propri bozzetti. Purtroppo la sola determinazione del mecenate nulla potè contro le continue citazioni in giudizio che continuavano a pendere sulla sua testa.

Bozzetto di Fausto Melotti per Fiumara d’arte da ARTINUMBRIA 1988-89
Bozzetto di Carlo Lauricella per Fiumara D’arte da ARTINUMBRIA 1988-89

Dopo la realizzazione dell’opera di Festa in riva al mare, la gigantesca Finestra sul mare dedicata al fratello suicida, è la volta di risalire sulle colline presso Mistretta per occuparsi di un’istallazione più intima e minimale: Stanza di barca d’oro di Hidetoshi Nagasawa. Le vessazioni continuarono e l’opera venne messa sotto sequestro durante l’inaugurazione, nello stesso giorno venne notificato anche un provvedimento contro Monumento per un poeta morto per occupazione di demanio marittimo e abusivismo edilizio.

In tutto, contro le opere della Fiumara vengono avviati cinque procedimenti giudiziari che danno inizio l’intricata vicenda processuale che ne blocca di fatto il completamento. Presti venne lasciato totalmente solo davanti alla giustizia, nessun comune prese le sue difese, al suo fianco soltanto la stampa e l’entourage dell’arte. Nella gran parte dei casi la richiesta della magistratura era quella dell’abbattimento delle opere, che, come commenta lo stesso accusato, è un vero e proprio atto di propaganda politica, perché il sequestro non è scenografico quanto una demolizione.

La risonanza della stampa ebbe i suoi frutti, così partì anche un’interrogazione parlamentare, firmata da Bruno Zevi, Giuseppe Calderini, Massimo Teodori, e Francesco Rutelli, che chiesero al Ministro dei Beni Culturali e Ambientali di

intervenire con la massima urgenza per fare cessare lo scempio e la persecuzione delle autorità locali nei confronti dell’iniziativa di Antonio Presti che ha costituito attorno alla Fiumara di Tusa un nuovo ed eccezionale comprensorio artistico, culturale e paesistico di rilievo internazionale

Il 2 luglio del 1990 il pretore di Santo Stefano di Camastra, condannò Presti alla demolizione dell’opera di Consagra (che fortunatamente non avverrà per ricorso in appello e la successiva caduta prescrizione), a 15 giorni di reclusione e a 23 milioni di multa per avere alterato il territorio, per abusivismo edilizio e per avere violato la legge Galasso. Solo una ventina di giorni dopo finalmente l’assessore regionale ai beni culturali Turi Lombardo, si degnò di effettuare un sopralluogo, trovandosi conseguentemente a questo a dichiarare di voler trovare soluzione compatibile con la legislazione vigente per salvaguardare le sculture.

Si avvia così un tilt tra amministrazione e giustizia, un groviglio che ci vorranno in tutto 25 anni per dipanare. E dove la mafia non può osteggiare in maniera “pulita” delle iniziative che danno fastidio, lo fa con le maniere forti: Antonio Presti ha subito ben 3 attentati.

La sua vita già da tempo stava cambiando, già da quando decise di vendere l’azienda del padre. Il motivo scatenante era stato il sistema consolidato della corruzione nel mondo degli appalti, e lui scelse di non cedere: racconta egli stesso come con estrema serenità disse a Riina, guardandolo in faccia, che non lo avrebbe pagato. Un pazzo? Forse…forse avremmo più bisogno di questo genere di pazzi!

Il processo di crescita nel parco scultoreo, innescò una miccia che portò ad altre iniziative, che mirassero a rendere l’arte dominio di tutti, a disposizione di ognuno e di proprietà di chiunque volesse fruirne, specialmente di chi poteva goderne ogni giorno affacciandosi alla finestra grazie alle nuove istallazioni. Con l’intento di coinvolgere i cittadini di Pettineo, il mecenate reinventò le estemporanee di pittura.  Un chilometro di tela è un’iniziativa del 1991, incentrato proprio su di una lunghissima tela che attraversa le strade del paese pronta ad accogliere i lavori di oltre 200 artisti, noti e meno noti, accorsi da ogni parte del mondo per partecipare a questa collettiva. Al tramonto il supporto venne tagliato in pezzi, incorniciato e ospitato in casa dei cittadini. Ancora oggi accanto ai campanelli delle abitazioni in cui sono custoditi questi frammenti vi è una targa di ceramica che illustra cosa venga custodito in quella casa, basterà suonare per godersi l’opera: ogni alloggio diventa così un museo domestico. La kermesse si ripeterà gli anni seguenti, sia Pettineo che in altri comuni isolani e italiani.

Un chilometro di tela – Pettineo da Bellasicilia.it

-Ma che ci guadagna a fare tutto questo?

Un’altra considerazione che i malpensanti avranno fatto è sicuramente questa, ma credo sia lecita anche per qualche incredulo. In effetti, venduta l’impresa, gli era necessaria una fonte di profitto per finanziare le successive manifestazioni, ma anche semplicemente per campare. Nel 1990 acquista un vecchio albergo in disfacimento, proprio di fronte allo splendido mare di Castel di Tusa, lo ripristina e lo riapre agli avventori. Ma, durante la fase di allestimento un suo operaio, con una banale domanda lo ispirò per rendere quel edificio davvero unico: gli chiese semplicemente dove volesse che fosse messo il suo (personale) letto, un oggetto di design realizzato da Mario Ceroli, Presti gli indicò una camera qualsiasi di quelle che sarebbero state destinate al pubblico, stranito il lavoratore gli chiese se davvero volesse lasciare un’opera d’arte alla mercé di un ospite. La scintilla scoccò nella mente del proprietario: ogni stanza sarebbe stata un’opera d’arte e quello sarebbe diventato un albergo museo in cui ogni cliente avrebbe abitato immerso nel design d’autore. Nasce così l’Art Hotel Atelier sul Mare. Sulla sua brochure è scritto a chiare lettere “qui alberga l’utopia, quella dell’arte”. Ancora oggi, grandi artisti contemporanei arredano seguendo una personale tematica ogni stanza, e scorrendo la lista di chi è intervenuto in questo progetto, oltre Ceroli si può scorgere il nome col nome Paolo Icaro, (anche qui) Hidetoshi Nagasawa, Maurizio Mochetti, Maria Lai, Mauro Staccioli, Luigi Mainolfi, Fabrizio Plessi ed alcuni più noti nel mondo dello spettacolo come il regista Raoul Ruiz e il maestro dell’opera dei pupi Mimmo Cuticchio. Ogni ospite viene accompagnato nella sua stanza da guida dell’hotel che accogliendoli, illustra l’intento dell’ideatore, mostrandogli come vivere quel ambiente per assorbire il pensiero dell’artista che la ha realizzata. Ogni camera è un’istallazione artistica, un opera a se, un tassello di una assortita collezione a misura d’uomo, ricca di variazioni ispirazionali, che mettono al primo posto lo stile ed il significato più che il confort: non c’è la SPA né la tv, non c’è il frigobar e neanche né il telefono, l’esperienza di compenetrazione nell’arte è al centro del soggiorno. L’hotel diventa epicentro di Fiumara D’arte (finalmente riconosciuto dalla Regione come luogo di cultura) dal quale partono tour per la visita delle sculture, e location perfetta per eventi culturali e fucina di idee.

La Hall dell’ Albergo Museo Atelier sul Mare a Castel di Tusa

Si registra il tutto esaurito ogni anno in occasione del solstizio d’estate, in quanto ricorre la celebrazione del Rito della Luce, legato alla più giovane delle istallazioni del parco, la Piramide del 38° parallelo di Mauro Staccioli, data in cui i raggi solari penetrano attraverso una fessura aperta lungo le lisce pareti metalliche,  illuminando il percorso iniziatico al suo interno, che porta alla devozione alla bellezza.

Poco dopo le intimidazioni di stampo mafioso, decise di trasferirsi a Catania, città in cui trovò il suo habitat dato l’innato fermento culturale degli etnei. Nel 1999, in occasione della festa di Sant’Agata, di cui è nota la processione degli ingombranti ceri portati a spalla dai fedeli, per partecipare alla festa della patrona dei suoi concittadini, coinvolse Arnaldo Pomodoro nella donazione alla Santa di un loro personale voto: si tratta di una vera e propria scultura di cera e foglia oro, un parallelepipedo altissimo, che venne accesa con molteplici micce come fosse una torcia olimpica. Dell’opera rimangono ovviamente solo delle foto.

Questo genere di azioni artistiche rientrano nella filosofia di Presti, legata alla bellezza, alla condivisione ed alla privazione, esattamente come la scelta di chiudere Stanza di Barca d’oro per cento anni.

Della città ai piedi del vulcano ne vive attivamente la periferia, specie quella più difficile. Nel quartiere di Librino, la più grande piazza di spaccio della Sicilia, tutt’oggi affianca,insieme ad artisti vari, gli insegnanti per educare le nuove generazioni alla bellezza, proprio lì, in una zona in cui svettano i casermoni delle case popolari e tra loro scorre veloce la tangenziale. Condanna il nuovi metodi scolastici che non educano alla creatività ma a “mettere x in caselline bianche”, e cerca ogni giorno un modo per stimolare i neuroni dei 10.000 bambini che abitano il quartiere. Da questo rapporto con gli scolari sboccia una commovente opera collettiva: La Porta della Bellezza, al momento dell’inaugurazione misurava 800m, oggi arriva a ricoprire qualche chilometro del lungo muro di sostegno della bretella stradale. La superficie di cemento tinta di azzurro ospita gli elaborati ottenuti dai progetti ideati dagli artisti che hanno risposto all’iniziativa realizzati insieme gli alunni delle scuole elementari e medie del quartiere. L’espressione di grandi e piccoli trova il suo spazio in formelle di argilla di 30 cm ciascuna, compensandosi l’un l’altra in una simbiosi di menti vergini ed esperienza. E sapete qual è la magia? In una zona a così alta concentrazione di criminalità, non c’è stato nessun episodio di vandalismo verso quella parete, anzi guai a chi la tocca!

Ci sono ancora altri episodi che andrebbero raccontati di questa intensa vita resa un’ avventura dall’irrefrenabile indole altruista del protagonista di questa avvincente storia, ma una volta che avrete letto questo articolo sono sicura che sarete voi stessi ad aggiornarvi sui suoi nuovi progetti. Personaggio noi tutti dobbiamo ringraziare anche per averci fornito un’importante chiave di lettura riguardo ad un pubblico difficile, come quello odierno, come quello siciliano, che parte dal pregiudizio di chi non conoscendo ciò che di meglio ci possa essere respinge le differenze anziché provare a capirle,  critica e attacca, perché si sente invaso da qualcosa che non conosce. Una cura esiste e consiste nel puntare alle generazioni future, istruirle al rispetto delle diversità, dell’arte, del pensiero e a scoprire cosa sia davvero bello in un pianeta che vuole importi canoni stereotipati. Dopo tante tribolazioni forse la chiave di volta, Antonio Presti è riuscito a trovarla: l’educazione alla bellezza.

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