
Un titolo che è tutto un programma e che può permettersi di essere pubblicato solo da un super esperto di arte contemporanea, il cui curriculum non lascia comunque spazio all’ironia che sempre lo contraddistingue. E’ la frase che più di ogni altra il Professor Francesco Bonami avrà sentito pronunciare migliaia di volte davanti ad opere concettuali, di arte povera o di non elevato pregio materiale. E francamente e capitato anche a me: amici e (peggio ancora) parenti che si fermano all’idea dell’arte come oggetto di pregio, testimone di antichità, creato con finissima tecnica e incomparabile bravura. Già prima di leggere questo volumetto ciò che ho sempre risposto è stato “e perché non lo hai fatto tu allora?”. Il prof, invece, con più classe, afferma che se fossimo tutti calciatori non ci sarebbe nessuno a guardare la partita: per quanto ogni maschio millanti di essere il re del calcetto, sappiamo benissimo che l’indomani camminerà con difficoltà per l’accumulo di acido lattico! L’arte contemporanea è, appunto, allenamento, ti aiuta a tenere la mente aperta e scevra da ogni pregiudizio, invita ad andare oltre la superficie delle cose.
Il disagio percepito da ogni fruitore è quello di sentirsi presi in giro di fronte una lattina contenente (probabilmente) feci o un orinatoio con un autografo che non riporta nemmeno il reale nome dell’artista che ce lo propina. Indaga nelle sue pagine la difficoltà dello spettatore tipo nell’osservare un’installazione o ad una semplice ed anonima foto, e virtualmente gli si pone accanto e gli spiega perché quella possa esser chiamata arte.
Ogni capitolo è una lezione, su di una corrente o su di uno specifico artista, che ha a che fare con l’arte del secolo scorso e del nostro. Pagina per pagina nomi, storie dinamiche ed interpretazioni, tutto in chiave “ignorance friendly”: solo di rado vengo utilizzati paroloni complicati, estremamente filosofeggianti, che accentuerebbero soltanto l’inadeguatezza di chi è incuriosito invece a saperne di più ed aprire il libro. Quando si trova costretto ad utilizzarli lo fa per puro amore per l’istruzione, e, immediatamente nella frase successiva, smorza l’atmosfera erudita con un esempio terra terra, che indurrebbe a fare quel dato ragionamento anche al più ostinato oppositore delle nuove tendenze, che lo voglia ammettere o no. Già dalle prime pagine il buon Bonami si oppone agli atteggiamenti snob di curatori che scrutano chiunque con superiorità, che parla ma non spiega, che così facendo allontana inevitabilmente un pubblico incapace di fingere di aver capito, dettando legge su cosa è buono e cosa no nell’arte, quelli che ti propinerebbero qualsiasi ciofeca come opera di un genio, solo perché la loro fama di grande studioso li precede.
E così, si oppone fermamente anche a chi non ha innovato abbastanza pur potendo: spara a zero contro Pomodoro, Guttuso e Botero, che per render fede al loro stile uno ed alla fede politica l’altro si siano fermati lì, senza incedere nell’evoluzione del pensiero, arenandosi in forme tonde e plastiche o in messaggi storico politici. Incensa invece le opere che è più facile mettere in dubbio che sia arte, come Beuys, Raushemberg (che non ho idea di come si pronunci… e no, non lo conoscevo), difendendoli da chi li accusa di cialtronaggine così: “esperimenti […] sull’origine del mondo che ci circonda, fatto di cose, aggeggi, ammennicoli vari, che tolleriamo se li troviamo sul cassettone di casa nostra ma che disprezziamo se li vediamo esposti in un museo” preludendo all’introduzione alla pop art, che infondo ci ha infarcito il cervello di nomi e colori, mostrando esattamente ciò che anche questi due quasi sconosciuti hanno esposto.
Non solo dello stile di questo o quell’artista ti parla ma anche dell’andazzo del mercato, o dell’impronta che un artista come De Chirico abbia lasciato su di un programmatore per videogiochi, e continui sono i raffronti col cinema, e frequenti le chicche sulla vita privata dell’artista. Uno stile piacevolissimo, scorrevole e divertente. Lo consiglio vivamente a chi pensa di saperne abbastanza e a chi non ne sa nulla. Ma un validissimo strumento per godersi questo viaggio è uno smartphone o un tablet da avere sempre accanto durante la lettura: il peggiore difetto del libro è la completa assenza di immagini, e poi sfido chiunque a giurarmi che conosceva già ognuno degli artisti raccontati e che ha ben presente ogni opera presa in esame dal professore… leggete, ricercate e non barate 😉
Se questo articolo vi è piaciuto talmente tanto da arrivare a leggere queste ultime righe, lasciatemi un commento nel caso vi interessi un approfondimento. Vi ricordo inoltre che potrete seguirmi su instagram e facebook e se mi riterrete meritevole del vostro sostegno, potrete offrirmi un cappuccino su Ko-fi . A presto!