The art of the brick - Roma - Nathan Sawaya - 2016

The art of the brick

“…dichiarata dalla CNN una tra le 10 mostre da non perdere al mondo…”

Potrei mai io curiosa come un gatto e scettica come san Tommaso non andare a dare un’occhiata in Via Tirso 14?

Eccomi accolta da un banco biglietteria di enormi blocchetti, e da un costo di ingresso un po’ esagerato (17,50 + spese di agenzia)…speriamo ne valga la pena!

L’atmosfera che si respira è tra il serio e il faceto: realizzati con i famosi giocattoli ecco un’enorme matita, un mappamondo, una viola e altri oggetti esposti in maniera un po’ fredda, tra pareti scure su piedistalli, come fossero delicatissimi pezzi intoccabili. Ma io guardo quella matita e penso che sia un po’ come le torri alte alte di mattoncini che costruiscono i bambini senza alcuno scopo, ma fatta da un adulto quindi con un po’ meno di fantasia. A stemperare questo mio dissenso, un tizio blu tutto pensieroso seduto sulla seconda poltrona di tre. Mi ricordo così che anch’io le facevo quelle torri da piccola rubando i lego a mio fratello, e mi che piaceva anche tanto. Non resisto: mi siedo accanto al signore silenzioso e scherzo con lui .

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Ok Mr Sawaya, accetto il tuo invito, mi spoglio del mio atteggiamento inquisitore, e torno bambina.

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La mostra continua con delle riproduzioni di famose opere d’arte, un’intera sala, ampia, dedicata alla venere di Milo, la Gioconda, la Sfinge, sculture e pitture conosciute in ogni parte del mondo. Francamente oltre al divertimento che può aver provato l’artista nel realizzarle, per voglia di affermazione o di innovazione, io la scelta di occupare tanto spazio e impegno in queste opere non l’ho capita. L’unica idea di utilità che posso attribuirvi è quella della divulgazione della storia dell’arte ai visitatori più piccoli.

Segue un enorme Partenone, preceduto da una piccola galleria di ritratti bidimensionali appesi alle pareti, dei quali ho apprezzato il rimando alla pop art di Warol (presente tra i raffigurati), nell’uso di questo materiale palesemente commerciale, e la tecnica quasi puntinista con la quale sono stati realizzati, bene.

Fin qui poco entusiasmo ma… Eccoci al dunque!

Sculture antropomorfe che finalmente comunicano stati d’animo, pensieri ed emozioni. A questo volevo arrivare! Questo gentile signore che per ogni sua opera ci ha illustrato in prima persona, su ogni didascalia, quanti mattoncini abbia usato, ed episodi ed eventi che lo abbiano portato a realizzare il pezzo in questione, finalmente si rivela.

Siamo davanti a Nathan adesso, con la sua paura di perdere le mani, con il suo passato che ostruisce il suo incedere, con il lutto nel cuore per la morte di un bambino, col suo desiderio di ascensione. E d’un tratto le figure non sembrano più così spigolose. Questa è la vera novità da mettere in risalto: la rappresentazione della condizione umana attraverso un elemento di gioco, elemento che ricorda i tempi in cui il nostro cuore era ancora limpido. Aprirsi all’espressione con qualsiasi mezzo, esternare “giocando”.

Nathan ci tiene tanto a lasciarci un messaggio di incoraggiamento, nelle stesse didascalie, video interviste, documentari e nella precisazione che nessuno dei pezzetti usati siano stati creati appositamente per lui, ma ognuno di noi può prenderne un mucchietto ed esprimere la propria arte. “Ero un avvocato come tanti, ora sono un artista” dice.

Dopo qualche altra sala con enormi volti che sbucano dai muri, il botto finale: immerso in un ambiente che evoca la foresta un enorme scheletro di dinosauro di sei metri. Divertente! Realizzato con destrezza e attenzione. È la star della mostra. Ogni bambino uscendo da li ricorderà il T-Rex, la sua grandezza e la paura che fa .

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Tiriamo le somme.

Riconosco la validità della mostra nei confronti di un pubblico infantile: colori sgargianti che attirano l’attenzione, la voglia di insegnare l’esistenza di capolavori attraverso materiale ludico, l’esposizione curata con luci che coinvolgenti (come per la figura del nuotatore in scala 1:1 immersa in una luce blu mossa come dall’acqua), l’invito a non reprimere mai la propria vena artistica.

Riconosco anche la cura e l’attenzione dell’artista nella realizzazione di ogni pezzo.

Ma, cara CNN, non ho trovato la mostra imperdibile, ma … piacevole. Non ho trovato il prezzo del biglietto adeguato, ma eccessivo, considerando che la mostra metteva in primo piano l’accesso ai bambini, il cui biglietto ridotto sfiora i 15€ a testa e supera i 45€ per tutta la famiglia.

Nel caso in cui, invece, si troverà a visitare l’esposizione un amante dell’arte antica e moderna, ma chiuso alla contemporanea, sarà difficile fargli pensare che non abbia perso tempo a guardare giocattoli. Si, l’intento dell’artista e proprio di togliere l’amido dalle loro camicie … Ma a parer mio non è una mostra per vecchi professori universitari di storia dell’arte fossilizzati nel Rinascimento.

Personalmente ho scelto di divertirmi con Nathan Sawaya, ma avrei preferito di gran lunga che venisse dato molto più spazio alla sua ottima capacità espressiva scultorea, piuttosto che all’ingombro di riproduzioni del reale fini a se stesse.

 

 

 

 

2 pensieri su “The art of the brick

  1. Ciao, ho letto l’articolo e non concordo su alcune cose, ma devo fare una premessa: ho visto due volte questa mostra, qui a Roma, ma anche a New York, e lì ho trovato molte più sculture sue.
    Di conseguenza capisco davvero il discorso della CNN, perché quando si ha l’occasione di ammirare il lavoro di Nathan nell’insieme, e non in misura ridotta come in questo caso, si capisce quanto incredibile questa mostra sia.

    Detto questo, la mostra punta, secondo me, a far riscoprire un’arte che abbiamo dimenticato, quella del famoso “Art for art’s sake”.
    Perchè, come recitava una delle frasi che giravano sui muri, “l’arte non è un optional”, ma troppo spesso ce lo scordiamo, e soprattutto ci scordiamo che deve essere un piacere.
    E per me questa mostra è stata, per due volte, un piacere per gli occhi, forse proprio perché riesce a farmi riflettere senza dimenticare che giocare rimane l’arte migliore.

    Pareri ovviamente, ma mi sembrava giusto condividere il mio. Alla prossima! 🙂

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    1. Ciao Giuseppe,
      grazie per aver condiviso con me le tue impressioni. Sono sicura che se la mostra romana fosse stata maggiormente incentrata sulla grandiosa abilità dell’artista di esprimere stati d’animo e sentimenti, l’avrei apprezzata molto di più. Per le scelte espositive che sono state fatte quell’area mi è sembrata troppo sacrificata e ristretta a favore di una componente ludica che avrebbe sicuramente allettato più pubblico in cerca di leggerezza. Leggerezza nella quale io stessa mi sono immersa come si può ben vedere. Alla prossima 🙂

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