Ci è successo almeno una volta visitando una città d’arte di dover pagare un biglietto per l’ingresso in una chiesa. La prima volta mi è capitato a Firenze a Santa Croce una decina di anni fa. Un po’ stupita ho pensato che comunque ne sarebbe valsa la pena “ ci sono opere così importanti…”. Mi godo la visita, ma tra i capolavori cerco quello per cui mi ci sono recata, il Crocifisso di Donatello. Finalmente lo vedo al di là di una transenna, vado per aggirarla ed il vigilante “no questa è la zona riservata a chi vuole pregare”. Lo guardo da capo a piè e con l’espressione di chi lo sta palesemente prendendo in giro gli dico “ mi lasci andare a pregare và”. Avrebbe potuto trattenermi? Cosa diavolo significa che non posso avvicinarmi ad un’opera di tale importanza dopo aver pagato per entrare? Questo è un museo o una chiesa? Non ho idea se ora sia stato spostato il crocifisso o l’area riservata ai fedeli, ma la mia antipatia per la speculazione sui beni ecclesiastici è iniziata lì, ed è proseguita in molte altre tappe dei miei viaggi. Di recente, mi è ricapitato al Duomo di Siracusa, in cui dopo aver sganciato 2 euro, mi trovo difronte alla pantomima del “Rispettare il silenzio – accesso riservato solo ai fedeli” nella ricchissima cappella del Santo Sacramento dove si può ammirare il tabernacolo progettato dal Vanvitelli. Inoltre, illuminazione scadente in tutto il tempio e l’apparato didattico scarnissimo. Uscendo però mi è venuto un dubbio. “Mi scusi, ma in questa chiesa viene celebrata messa?” “Si certo” mi risponde l’impiegata con l’espressione scocciata che avrebbe voluto scoraggiare la mia polemica “alle otto del mattino e alle sette e mezzo di sera”. In pratica la diocesi stessa ha modificato gli orari delle messe per consentire l’indisturbato ingresso di turisti paganti. -.-‘
Così, anche altri visitatori come me si sono posti la domanda: senza dubbio non è eticamente giusto, ma è legale che la Chiesa chieda il pagamento dell’ingresso? non è un sopruso non poter entrare liberamente in un edificio consacrato in cui si celebra regolare attività parrocchiale e le cerimonie sacramentali? Lo stato ha gli strumenti per poter regolamentare il flusso pubblico in difesa della libera professione di culto?
A questo scopo ho scartabellato un pò tra la legislazione che sancisce i diritti di fedeli e cittadini e i rapporti tra le due “potenze”
Citando l’articolo 7 della Costituzione italiana
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Ciò consente alla chiesa di creare al suo interno degli organi legislativi propri, e delle proprie regolamentazioni e direttive.
Ma, nei sopracitati Patti Lateranensi, l’articolo 18 recita
I tesori d’arte e di scienza esistenti nella Città del Vaticano e nel Palazzo Lateranense rimarranno visibili agli studiosi ed ai visitatori, pur essendo riservata alla Santa Sede piena libertà di regolare l’accesso del pubblico.
Lo Stato italiano e il ministero dei beni culturali non possono dunque sindacare riguardo la gestione degli orari di apertura al pubblico di un qualsiasi edificio sacro, ma è specificamente stabilito che le opere d’arte e ogni “tesoro” devono essere fruibili.
Negli stessi patti Lateranensi, stipulati nel 1929 e rettificati negli anni ’80 (potrete trovare un approfondimento qui https://www.uaar.it/laicita/otto_per_mille/legge_otto_per_mille.html), sono regolamentate anche le agevolazioni fiscali di cui godono gli enti di competenza dello stato pontificio. Questi vantaggi si giustificano considerando le attività socio assistenziali, educative e sanitarie che coadiuvano la pubblica amministrazione nell’erogazione dei servizi welfare. Quindi, già nei patti tra il Pontefice e il duce, si esentavano dal pagamento della tassa sugli immobili (prima ICI ora IMU): gli immobili nei quali si “esercita il culto, la cura delle anime e la formazione del clero a scopo missionario, di catechesi ed educazione cristiana”. Dal 2005 questa esenzione è stasa estesa anche agli edifici di natura commerciale, quindi non solo i santuari, cattedrali e piccolissime cappelle sono esentate, ma anche scuole, musei, cliniche e affittacamere. Sempre per questa legge tali immobili non possono essere oggetto di esproprio giudiziario.
L’art 17 dei suddetti accordi tocca anche il tema sulla situazione contributiva di chi lavora per il Vaticano, sul loro suolo nazionale e sul nostro
Le retribuzioni, di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1° gennaio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente.
Avete capito bene, non pagano IRPEF, neanche per i lavoratori italiani che lavorano per loro. Inoltre per le attività socioassistenziali sanitarie ed educative godono di agevolazioni fiscali sull’IRES, imposta sul reddito, che erogano al 50%. Tutti questi vantaggi, durante l’esame del bilancio statale italiano durante la revisioni dei conti del 2012, sono state definite dall’ Unione Europea dei veri e propri aiuti di stato, quelli che si concedono alle popolazioni vittime di calamità per intenderci.
Sostanzialmente gli edifici ecclesiastici detengono gli stessi privilegi di un’ambasciata estera sul nostro suolo.
Questa disamina sui vantaggi sulla tassazione servirà a far ricredere chi pensa che il clero non sia in condizioni di poter finanziare il mantenimento decoroso di un sito gratuito o il restauro di un dipinto. La chiesa ha un gran numero di agevolazioni da parte dello stato, ma non ha obblighi se non quelli imposti dalle soprintendenze locali con i vincoli sui singoli beni dichiarati di interesse artistico e culturale. Ma anche in questi casi esistono sovvenzioni statali per restauro e manutenzione, però alle condizioni stabilite dal Codice dei Beni Culturali: se un esponente del clero o un proprietario privato di qualsiasi bene, usufruisce di contributi pubblici per il recupero dell’opera/edificio, sei OBBLIGATO a renderlo fruibile negli orari e modalità concordate con soprintendenza e Ministero dei Beni e delle Attività culturali. Per un approfondimento vi consiglio di visitare questa pagina http://arsg.it/?p=1354
A pochi è noto che esista anche un’altra realtà, quella del FEC, Fondo Edifici di Culto:
è un ente dotato di personalità giuridica, legalmente rappresentato dal ministro dell’Interno pro tempore. L’origine del suo patrimonio deriva dalle leggi della seconda metà del 1800 con le quali lo Stato italiano soppresse alcuni enti ecclesiastici. È amministrato da una direzione centrale del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, affiancata da un Consiglio di amministrazione. A livello provinciale è amministrato dalle prefetture.[…] La missione del Fondo è quella di assicurare la tutela, la valorizzazione, la conservazione e il restauro dei beni.
Lo stato Italiano consente comunque l’officiazione della liturgia all’interno dei beni ecclesiali di sua proprietà, permettendone il regolare usufrutto in comodato d’uso al personale ecclesiastico. Il mantenimento dell’integrità di questi beni è quindi di competenza statale, per la quale Ministero degli interni e MIBAC si confrontano per l’adozione delle migliori attività di manutenzione e fruizione. Fanno parte di questi beni anche Santa Croce e Santa Maria Novella a Firenze, il cui ingresso è a pagamento e quindi ritenuti alla stregua di palazzi nobiliari e gallerie. Se siete curiosi di sapere quali altri edifici di culto rientrino in questo fondo, vi riporto qui il link con quale navigare, attraverso una mappa, l’intero patrimonio dei beni FEC https://archiviodigitalefec.dlci.interno.it/fec/
Tornando alla gestione ecclesiale, la nostra Costituzione prevede all’art.8 uguaglianza e libertà delle confessioni religiose davanti alla legge. “Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.“
Ricapitolando: nello stilare questo tessuto legislativo lo Stato Italiano non si è mai pronunciato sull’obbligo della gratuità della fruizione dei beni di interesse culturale coperti dalla giurisdizione pontificia, ne ha solo garantito il godimento a chiunque chiedesse di poterne usufruire.
Il colpo di scena lo troviamo invece durante il Consiglio permanente del CEI del 2012! Potendo auto regolamentarsi la chiesa, in questa occasione ha messo a verbale che:
Deve essere sempre assicurata la possibilità dell’accesso gratuito a quanti intendono recarsi in chiesa per pregare e deve essere sempre consentito l’accesso gratuito ai residenti nel territorio comunale.
e
L’adozione di un biglietto d’ingresso a pagamento è ammissibile soltanto per la visita turistica di parti del complesso (cripta, tesoro, battistero autonomo, campanile, chiostro, singola cappella, ecc.), chiaramente distinte dall’edificio principale della chiesa, che deve rimanere a disposizione per la preghiera.
A questo link potrete trovare la nota completa del consiglio permanente della CEI del 31 gennaio 2012 https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/nota-cei-su-accesso-libero-a-chiese.
Reputo in tutto e per tutto accettabile l’approccio del CEI! Le navate e l’altare sono i luoghi della preghiera, in cui ogni cattolico ha il diritto di aver libero, accesso allo scopo di professare la propria devozione. Nel caso in cui si vogliano visitare ambienti non strettamente connessi con l’attività celebrativa del rito cristiano, è tollerabile un pedaggio.
Il clero è quindi propenso al mantenimento della pubblica fruizione gratuita dei luoghi di culto della fede cristiana. Parere ribadito di recente anche dallo stesso Papa, che (come riportato in questo articolo https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2019/10/23/news/francesco-le-chiese-con-le-porte-chiuse-sono-un-brutto-segnale-1.37779445 ) desidera che le chiese non abbiano mai le porte chiuse, ritenendole “un brutto simbolo, in cui l’edificio si fa simbolo principe della religione cristiana, elemento essenziale purchè avvenga la catachesi e venga diffuso il verbo di cristo.”
Dato che la legislazione italiana non impone alcun veto sulla possibilità dello sbigliettamento, ma lo fa l’organo vaticano stesso, com’è possibile che tutt’oggi nelle città d’arte non si impedisca l’istallazione di gabbiotti e tornelli agli ingressi delle cattedrali? Visto che è il CEI stesso ad aver legiferato a favore della gratuità dei templi cristiani, perchè è tutt’ora consentito che si obblighi al pagamento indistintamente chiunque voglia accedere al duomo di Siracusa?
In diverse interviste che ho spulciato in questi giorni, alcuni gestori del servizio si sono giustificati esponendo l’idea che attraverso il pagamento si ha una selezione degli accessi, quindi il pubblico del Santuario si pone in un atteggiamento di maggior rispetto del culto celebrato nel luogo. Francamente io credo proprio il contrario! Il pagamento dell’accesso mi da automaticamente diritto a vedere la totalità dell’edificio, senza eccezioni per le “cappelle riservate alla preghiera”, e se la classica coppia di turisti accaldati si presenta in pieno agosto in pantaloncini e canottiera, non ci si può esimere dal farli entrare! La musealizzazzione di un luogo di culto comporta la laicizzazione dello stesso.
Nel caso in cui siate al corrente di altre leggi che non ho considerato in questa disamina, ma anche se siete pro o contro questa gestione prettamente turistica di un bene che per antonomasia dovrebbe essere anello di congiunzione tra Dio e uomo, lasciatemi un commento. Sarò felice si parlarne con voi. 😊
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